È noto come il genere umano abbia la tendenza a cercare capri espiatori, unici responsabili dei problemi da cui sono afflitti. Questa ricerca di qualcuno o qualcosa su cui scaricare colpe e responsabilità diventa spesso un modo per evitare quell'introspezione che rivelerebbe una sorgente interiore del problema (“non sono io ad essere paranoico, è il mondo che ce l'ha con me”), ma non è di questo che mi interessa parlare in questo contesto. Invero, quello di cui parlerò sarà applicabile ugualmente sia a capri espiatori esterni sia ai casi di coloro che vedono in sé stessi l'unica fonte di tutti i proprî guai.

Vorrei infatti inaugurare con questo (che funge da introduzione, cappello e contorno) una serie di articoli (che, al solito, verranno scritti secondo disponibilità di tempo e voglia di rovinarsi il fegato) su quelle che diventano a volte delle vere e proprie ossessioni, eventi situazioni contesti o persone ritenute (correttamente o meno) cause uniche o principali di questo o quel problema, e contro cui si concentra tutto il proprio odio/disprezzo/quello-che-è, a prescindere dalla loro effettiva rilevanza nei confronti del problema.

Nello specifico, i casi di cui voglio parlare sono quelli che seguono il seguente modus: una volta identificata una (possibile) (con)causa dei problemi che ci affliggono, si finisce con il cercare ogni possibile nota che appoggi la tesi secondo cui quella da noi intravista sia la causa, unica ed assoluta, o quanto meno principale, ed a trascurare ogni indizio che possa puntare ad altre (con)cause; questo porta infine alla conclusione che eliminare tale causa sia condizione necessaria nonché sufficiente risolvere i problemi.

Questo approccio, nel quale a tutti capita di cadere almeno una volta nella vita, per cose più o meno significative, è errato sotto vari punti di vista.

Innanzi tutto, il modus su descritto rientra perfettamente in quel tipo di meccanismi che prende il nome di confirmation bias, alla base di quei processi psicologici con cui la nostra mente tende ad accettare incondizionatamente conferme che rafforzano una nostra (ipo)tesi, ed a scartare altrettanto incondizionatamente ogni prova contraria. È un meccanismo ben noto, di cui ogni buon scienziato dovrebbe essere informato, per restare in guardia e compensarlo nella ricerca e nella valutazione degli esperimenti che dovrebbe verificare o falsificare le sue teorie.

Vediamo quindi che già solo il meccanismo psicologico per cui si arriva a queste ossessioni è intrinsecamente fallace; a questo si aggiunge che spesso le argomentazioni stesse addotte a difesa della tesi1 sono spesso fallaci a loro volta, basate su frequenti quanto impercettibili errori di logica.

Il secondo problema, diretta conseguenza del primo, è ovviamente che l'approccio può anche portare ad identificare erroneamente la causa dei problemi. È anche vero però che il fatto che la logica dietro le conclusioni sia fallace non inficia automaticamente la verità delle conclusioni stesse: può quindi darsi effettivamente che quella che viene identificata come causa prima, principale o unica dei problemi sia effettivamente tale, a prescindere dal fatto che a tale conclusione si giunga scartando aprioristicamente ogni tesi contraria e facendo incetta di ogni argomentazione a favore, solida o fallace che sia.

Ed è a questo punto che si manifesta infine il terzo problema, a sua volta un problema di logica: anche nel caso in cui l'obiettivo dell'ossessione sia effettivamente causa del problema, infatti, non è detto che la sua eliminazione risolverebbe il problema: anche nel caso in cui sia necessario eliminare la presunta causa, non è infatti detto che questo sia sufficiente (ed ho già scritto altrove sulla confusione tra necessità e sufficienza).

Al di fuori del campo della logica, per di più, può anche succedere che eliminare la causa peggiori la situazione invece di migliorarla (come per certe ferite, in cui a togliere la lama o quello che sia si rischia una morte per dissanguamento che non si avrebbe a lasciarlo in loco, almeno finché non si possa anche operare).

Alla fissazione su una tale ossessione sono associati una serie di comportamenti fortemente negativi e poco salutari per l'“igiene mentale” dell'individuo. Restringendo il proprio campo di valutazione alla luce dell'ossessione, infatti, si diventa incapacità di giudicare opportunamente non solo le tesi contrarie, ma anche quelle che propongono semplicemente una prospettiva più ampia, ad esempio cercando di evidenziare l'importanza di (con)cause diverse da quella dell'ossessione.

Questo, a sua volta, rende più facile la manipolazione delle persone, sfruttando l'aumentata fragilità della capacità di giudizio: basta cavalcare la loro ossessione per portarle ad appoggiare le idee più assurde; non a caso, la creazione di queste ossessioni è una delle principali azioni di propaganda politica.

Dall'esterno, identificare le ossessioni non è difficile: sono infatti cavalli di battaglia su cui gli ossessionati insistono ad ogni piè sospinto. Ben più difficile è far rendere conto agli ossessionati che la loro è un'ossessione, e che anche se magari non sbagliata è troppo mirata e facilmente manipolabile.


  1. o delle quali si fa incetta da altre fonti, magari sulla base di un principio d'autorità legato al fatto che non possiamo essere esperti in tutto e orientato anche questo sulla basse dello stesso meccanismo, per cui le autorità che confermano la nostra ipotesi sono affidabili, quelle che la negano non lo sono. ↩