Il caso Berlusconi
Vi sono almeno quattro aspetti fondamentali del “caso Berlusconi”:
Benché chiaramente distinti l'uno dall'altro, essi sono fortemente intrecciati in una rete di interdipendenze che ha raggiunto un tale radicamento da rendere pressoché impossibile prescindere da uno qualunque di essi per studiare l'altro. In alcuni casi la cosa è fortemente voluta (come gli evidenti legami tra la questione politica e quella giuridica); per altri, bencé sia possibile vedervi una strategia di lunghissimo termine progettata da una mente sopraffina, si trovano spiegazioni talmente semplici negli angoli più infimi della natura umana da non richiedere ricerche più complottistiche.
Il caso Berlusconi non nasce tanto dalle singole questioni che esso tocca, perché singolarmente esse non sono nulla di nuovo (nella storia dell'umanità si trovano innumerevoli esempi di ciascuna); piuttosto, il suo cuore è proprio quel loro solido intreccio che ha trasformato in beceri tribalità una nazione con potenziali doti da élite.
La questione giuridica
I problemi giudiziari di Berlusconi e delle sue aziende cominciano nel lontano 1979, con un'ispezione della Guardia di Finanza i cui agenti decidono però di non procedere nonostante le anomalie riscontrate; coincidentalmente, uno degli agenti appartiene alla loggia massonica P2 di cui fa parte anche Berlusconi, l'altro passa a lavorare per Berlusconi stesso pochi mesi dopo l'ispezione, finendo in seguito comunque nei guai per depistaggio delle indagini (in un'altra inchiesta) e favoreggiamento.
Negli anni a seguire Berlusconi si ritrova coinvolto in processi che orbitano principalmente intorno a questioni economiche (dal falso in bilancio al finanziamento illecito ai partiti) a questioni più personali (dalla corruzione alla falsa testimonianza). Alcuni di questi si risolvono in maniera naturale in sentenze di assoluzione, ma i più interessante sono quelli i cui procedimenti vengono interrotti: dapprima intervengono amnistie concesse dal Partito Socialista Italiano (coincidentalmente, lo stesso partito illecitamente finanziato dalle aziende di Berlusconi) ed in seguito, con il crollo della cosiddetta prima repubblica e l'entrata in politica di Berlusconi stesso, alcuni per prescrizione ed altri per depenalizzazione dei reati contestati.
Coincidentalmente, sia la riduzione dei termini di prescizione sia le depenalizzazioni che permettono a Berlusconi di evitare le sentenze di condanna sono opera di governi guidati da Berlusconi stesso. Volendo sorvolare sulle perplessità che queste coincidenze dovrebbero sollevare in una mente sana, l'aspetto più interessante di questi risultati è che anche quando le sentenze indicano chiaramente la colpevolezza dell'imputato e l'aborto del procedimento per intervenuta prescrizione, l'onda della scarsa o cattiva informazione (discussa più avanti per quanto riguarda la questione sociale) riesce a trasformare la percezione del risultato in una piena assoluzione, contribuendo a rafforzare l'idea della persecuzione giudiziaria nei confronti del tuttavia riconosciuto colpevole Berlusconi.
Ma la questione giudiziaria del caso Berlusconi ha nella sua storia processuale soltanto le proprie radici. Sono invece le implicazioni a medio e lungo termine proprio di quegli interventi legislativi che nella seconda fase berlusconiana (ovvero in seguito alla sua entrata in politica) hanno casualmente avuto l'effetto collaterale di salvare Berlusconi, a costituirne l'infrastruttura, completata da una mirata sottrazione di risorse e l'aggiunta di quanti più ostacoli possibili a ben determinati procedimenti d'indagine.
La questione si manifesta con sintomi quali la quadruplicazione del numero di processi terminati per prescrizione nel giro di qualche anno o l'aumento dell'evasione fiscale (ai fini della quale il falso in bilancio è uno dei principali strumenti per le grandi aziende), risultati opportunamente taciuti per evitare che una forza politica che ha costruito parte del proprio consenso sulla lotta al crimine si manifesti come talmente poco attenta (per non dire peggio) ai crimini ‘bianchi’ da mettere a rischio anche la persecuzione di quelli ‘neri’ su cui è costruita la paura dell'elettorato.
Proprio questa trappola delle eccessive conseguenze ha impedito la realizzazione di leggi castranti per quei procedimenti d'indagine che si dimostrano utili non solo per i più classici reati berlusconiani, ma anche per quelle lotte su cui i suoi governi hanno costruito la loro propaganda politica1. Almeno finora.
La questione politica
La questione politica di Berlusconi comincia con quella che potremmo definire “fase craxiana”, in cui Berlusconi opera come imprenditore, ma viene favorito a una serie di interventi di governi guidati da Bettino Craxi e dal suo Partito Socialista Italiano, interventi che vanno dalle agevolazioni fiscali (permettendo elusioni fiscali e camuffamento del debito con giochi delle tre carte tra le varie aziende berlusconiane) a mirate amnistie giudiziarie, passando per leggi atte a concedere a Berlusconi il sostanziale monopolio della comunicazione televisiva privata.
Con il crollo della cosiddetta prima repubblica e l'approssimarsi della bancarotta (4 mila miliardi di lire di debito), nel 1993 Berlusconi decide di “scendere in campo” con un proprio “movimento” (quota d'iscrizione: centomila lire) che arriverà al governo nel 1994, in una coalizione che comprende Alleanza Nazionale e la Lega Nord: proprio quest'ultimo alleato farà cadere il governo 8 mesi dopo, e Bossi e Berlusconi si dichiareranno acerrimi nemici (salvo ricucire cinque anni dopo, nonostante le campagne della Lega a base di “Berlusconi mafioso”).
Il partito di Berlusconi viene fondato sulla menzogna: per mesi dopo la sua fondazione, Berlusconi continuerà a negare di voler scendere in politica. Tra i suoi fondatori spiccano nomi quali quello di Cesare Previti (tutore della minorenne proprietaria della villa San Martino ad Arcore venduta a Berlusconi per una cifra ridicola, e condannato per corruzione nei processi IMI-SMIR e lodo Mondadori) e Marcello Dell'Utri, condannato per frode fiscale nonché per concorso esterno in associazione mafiosa (ovvero per il suo operato di intermediario tra la mafia e Silvio Berlusconi), e famoso per la sua accorata difesa di Vittorio Magnano, noto mafioso pluriomicida e spacciatore nonché stalliere nella succitata villa.
La discesa in campo permette a Berlusconi una aggressiva strategia di “difesa politica”, con risvolti attivi e passivi.
La difesa politica passiva si concretizza nel trasformare in questione politica tutto ciò che non lo è, implicando che i problemi cui Berlusconi va incontro non si sarebbero presentati se egli non fosse stato un politico. Esempi clamorosi:
- tutti i procedimenti giudiziari a carico di Berlusconi diventano magicamente una persecuzione politica, un tentativo di (parte della) magistratura di sovvertire la democrazia, etc; per poterci credere occorre ovviamente ignorare la lunga storia giudiziaria di Berlusconi; coincidentalmente lo stesso Dell'Utri, cofondatore di Forza Italia, ha candidamente ammesso di non essere interessato alla politica se non per difendersi dai procedimenti giudiziari, confermando che più che di un caso di uso politico della giustizia sarebbe più opportuno parlare di uso giudiziario della politica;
- quando il gruppo Fininvest, per riguadagnare liquidità ed allontanare il pericolo bancarotta, venderà la Standa, Berlusconi darà la colpa alle giunte di centrosinistra che gli avrebbero negato le autorizzazioni per l'apertura di nuovi punti vendita, piuttosto che riconoscere che i problemi risallisero a ben prima della sua entrata in politica e fossero quindi piuttosto legati alla cattiva amministrazione, ed evitando così di sfatare la propria immagine di grande imprenditore su cui costruisce le proprie promesse elettorali.
Si può invece parlare di difesa politica attiva con i vari interventi con cui i governi Berlusconi hanno introdotto norme ed atti per favorire lo stesso, vuoi riducendogli i guai giudiziari, vuoi creando condizioni particolarmente favorevoli per le aziende di Berlusconi o ostacolandone la concorrenza.
Quando l'azione politica di Berlusconi va oltre la semplice difesa dei propri interessi, non procede mai nella direzione che ci si aspetterebbe prestando fede all'immagine di “nuova destra, destra liberale” con cui Berlusconi è sceso in campo, immagine usata per distinguerlo tanto dai famigerati nemici comunisti quanto dall'esistente destra conservatrice.
Da una destra liberale ci si aspetterebbe una riduzione della burocrazia, un ‘dimagrimento’ del carico amministrativo dai livelli più alti (Stato) a quelli più bassi (comuni), una (magari consequenziale) riduzione del carico fiscale, la rimozione dei paletti che impediscono una sana concorrenza, magari persino qualche stimolo alla piccola e media imprenditoria.
Se si va invece a studiare l'operato dei governi Berlusconi, si scopre che le azioni sono spesso andate invece in direzioni opposte; in alcuni casi con motivazioni facilmente indovinabili, come per esempio la creazione di ostacoli ai principali competitori delle aziende berlusconiane, altre volte invece inspiegabilmente, come per il sensibile aumento della spesa pubblica in quest'ultimo governo, nonostante i massacranti tagli a istruzione e ricerca e il carico fiscale sostanzialmente invariato, anzi impercettibilmente (qualche punto per mille) più elevato; arrivando alla situazione paradossale che è più facile trovare interventi liberali nell'operato degli altri governi, additati da Berlusconi quali comunisti fedeli alle proprie radici nonostante le apparenze.
Più che con la destra liberale, il progetto di riforme perseguite da Berlusconi e non direttamente riconducibili alla propria difesa presentano, piuttosto, sorprendenti somiglianze con il cosiddetto “piano di rinascita democratica2” della loggia massonica P2 di cui, coincidentalmente, Berlusconi stesso era membro.
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La questione sociale
L'impatto sociale in Italia del caso Berlusconi affonda le sue radici nella sua posizione dominante nel campo della comunicazione televisiva privata, posizione peraltro ottenuta e mantenuta illegamente (dalla trasmissione su scala nazionale, proibita ma “provvisoriamente” sanata da decreti craxiani fino alla legalizzazione con la legge Mammì, all'occupazione abusiva delle frequenze di Europa 7 ad opera di Rete4).
La ‘rivoluzionaria’ rottura dalle reti pubbliche con cui Berlusconi presenta i propri canali televisivi si concretizza in un operato di adescamento, sfaldamento qualitativo e decadimento culturale che con la scusa dell'accessibilità universale spianano la strada per una propaganda del culto dell'immagine, dell'intrattenimento e della vacuità, una riforma culturale che piace a tutte le forme di potere e solleva solo qualche fiacco tenativo di contrasto, spesso più di forma che di sostanza.
In una dozzina d'anni il terreno è fertile abbastanza da permettere a Berlusconi di “scendere in campo” con gran clamore di folle ed invocazioni all'“unto del Signore” e di assumere il controllo anche delle rete televisive pubbliche, cui segue una lenta ma inesorabile espulsione di tutte le figure la cui voce discorda da quella del padrone.
La riforma sociale procede nel frattempo con gli effetti collaterali della difesa politica attiva di Berlusconi, principalmente la creazione di sostanziosi ostacoli al perseguimento dei “crimini dal colletto bianco” (evasioni fiscali, truffe, corruzioni, concussioni), che si traduce in un loro fattuale favoreggiamento, laddove non si arrivi ad un plateale incoraggiamento (più volte Berlusconi ha indicato la via dell'evasione fiscale come “disobbedienza civile” eticamente corretta).
In tema di crimini, viene attuata una metodica manipolazione dell'informazione, dandovi grande rilevanza durante i governi di centrosinistra e passandoli invece sottotono (quando non sotto silenzio) durante i governi Berlusconi; si preferiscono inoltre i reati commessi da immigrati (o i cui principali indiziati siano immigrati) a quelli commessi da italiani (o i cui effettivi colpevoli si rivelino poi essere italiani). Il tutto aiuta a coltivare i sentimenti xenofobi e razzisti su cui fa leva il principale alleato di Berlusconi (la Lega Nord) e l'illusione di maggiore sicurezza durante i governi di centrodestra (miglioramento purtroppo non confermato dai fatti).
Il ruolo fondamentale che la (dis)informazione svolge nella consistenza sia del potere berlusconiano che nella pervicacia della sua influenza sociale è evidente nelle accanite difese attuate per il mantenimento del monopolio comunicativo televisivo (a discapito del fantomatico liberalismo di cui i partiti berlusconiani si fanno araldi) ed agli ostacoli posti alle forme più nuove di comunicazione (internet in particolare).
Un ulteriore significativo aspetto dell'impatto sociale di Berlusconi è legato alla questione morale e si manifesta nella particolare alleanza con la Chiesa Cattolica.
Da un lato, il centrodestra si presenta infatti come il paladino dei valori cristiani (e cattolici in particolare), che si manifesta con azioni molto d'impatto (ad esempio minacciando violenza a chi oserà togliere i crocifissi dagli edifici pubblici laici tipo scuole e tribunali, od organizzando Family Day in difesa della famiglia cattolica) e poco di sostanza.
Dall'altro, andando a guardare più da vicino, questi paladini si scoprono essere (pluri)divorziati, puttanieri, pedofili, aggrappati quasi disperatamente al potere temporale, poco francescani nell'approccio ai beni terreni, razzisti ed in generale poco esemplari come modelli di comportamento per i valori cristiani.
Ogni manifestazione e pubblicizzazione della loro scarsa valorizzazione cristiana si traduce in un rimbrotto più o meno serio da parte degli organi di stampa ufficiali ed ufficiosi del Vaticano, cui consegue qualche favore alla Chiesa Cattolica3, per evitare che l'elettoralo cattolico venga dirottato altrove, minacciando la ricostruzione del centro.
Ci ritroviamo così ad esempio con il perdurare di trattamenti economici di favore per le attività commerciali della Chiesa, con tagli a dir poco drastici all'istruzione pubblica che però miracolosamente non toccano i finanziamenti alle scuole private (principalmente cattoliche) né i dipendenti che alla scuola pubblica vengono imposti dalla Chiesa (ovvero i professori di religione), ed il vuoto legale su temi che vanno dalle unioni civili a questioni bioetiche come l'eutanasia. Il tutto propugnato in nome di valori cristiani imposti a tutti i cittadini, ma non seguiti dai loro più vocali sostenitori.
La Chiesa appoggia quest'uomo di potere che ha fatto della superficialità, dell'immagine, del materialismo, della lussuria (stringiamo: di tutti i peccati capitali) il proprio modus vivendi proprio per la sua ricattabilità sociale al minimo scandalo.
Ma ben più grave di come la Chiesa possa sfruttare la facilità con cui Berlusconi si rende ricattabile è come proprio questo modus vivendi (che la Chiesa verbalmente condanna salvo poi appropinquarcisi essa stessa appena possibile) sia diventato un modello sociale vincente.
La più profonda sindrome dell'impatto sociale di Berlusconi non si rispecchia tanto in coloro che credono alla falsità delle (documentate) accuse, ma molto più in coloro per cui quelle stesse accuse non rappresentano un problema4, coloro per i quali il suo comportamento non è riprovevole, anzi.
Sono quelli per i quali chi disprezza Berlusconi lo fa per invidia, forse perché non riescono a non proiettare sugli altri la propria invidia sublimata in ammirazione. Sono quelli che di fatto vivono nel desiderio di poter anche loro fare i vecchi bavosi puttanieri e pedofili costruendo un impero di falso, corruzione, egotismo, sfruttamento, ingordigia: un regresso sociale al sogno di trimalchionici fasti da patroni circondati da clientes.
La questione morale
Proprio questa nuova etica sociale, con lo sdoganamento del puttaneggio, del clientelismo, dell'abuso di potere, rappresenta il ‘piede pubblico’ della questione morale del caso Berlusconi. In un tuonare ipocrita contro il fancazzismo ed a favore della meritocrazia, si premiano poi servilismi e nepotati.
Si è arrivati al punto che chi critica questi atteggiamenti e questi comportamenti viene tacciato di ‘moralismo ipocrita’ (colmo dell'ironia), sottintendendo (ma anche affermando apertamente) che avendone l'opportunità anche il criticone approfitterebbe. Che ci sia (purtroppo sempre meno) gente ancora dotata della dignità di incazzarsi per aver ricevuto a propria insaputa una raccomandazione non sembra nemmeno credibile.
Ma la questione morale del caso Berlusconi ha anche un (ultimamente sempre più evidente) risvolto privato, nei confronti della quale si possono assumere quanto meno due attegiamenti diametralmente opposti.
Un atteggiamento, che viene presentato come il più rispettoso della privacy, sostiene che chiunque, nel privato della propria domus, abbia (e debba avere) piena libertà di fare ciò che vuole, senza doversi preoccupare di inquisizioni.
L'atteggiamento diametralmente opposto è invece quello sostenuto da Augusto Minzolini per larga parte della propria carriera. Sosteneva Minzolini nel 1994:
un politico è un uomo pubblico in ogni momento della sua giornata e che deve comportarsi e parlare come tale. Il rinnovamento del Parlamento italiano è un fenomeno anche sociologico di cui la stampa deve dare conto: io non dimentico mai che il mio referente è il lettore e non il politico e che il mio compito è quello di rappresentarlo come è senza mediazioni
e ancora:
Oggi penso che se noi avessimo raccontato di più la vita privata dei leader politici forse non saremmo arrivati a tangentopoli, forse li avremmo costretti a cambiare oppure ad andarsene. Non è stato un buon servizio per il paese il nostro fair play: abbiamo semplicemente peccato di ipocrisia.
ed infine:
La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico.
(Questo, ovviamente, quando era ancora giornalista a La Stampa e non il magister della simulazione e dissimulazione informativa a favore di Berlusconi cui è stato ridotto il telegiornale della prima rete RAI.)
Senza scegliere alcuna delle due posizioni, si potrebbe osservare che l'interesse pubblico per la vita privata di qualcuno (a prescindere dal rilievo sociale e politico del qualcuno stesso) sia strettamente legata alle conseguenze che tale vita privata avrebbe sulla res publica stessa.
Se ad esempio io tengo rinchiusa mia figlia in cantina per vent'anni, stuprandola quotidianamente, difficilmente potrei trovare qualcuno disposto a sostenere che io possa fare ciò che voglio nel privato della mia casa. La libertà d'azione domestica è quindi comunque limitata da regole, legali5 o morali che siano. Se ho rapporti sessuali a pagamento con una minorenne, sono implicato in un reato (prostituzione minorile, per i quali si è colpevoli anche come semplice ‘utilizzatore finale’). Se sono un politico importante e telefono in questura mentendo sull'identità di una minorenne e scavalco l'autorità del suo giudice tutelare per evitare che vengano fuori i crimini suddetti, commetto un altro reato (concussione). Ma questi sono aspetti che pertengono alla sfera giuridica, non quella della morale privata.
Nel caso di persone che rivestono ruoli istituzionali intervengono inoltre questioni legate alla sicurezza nazionale. Un capo del governo che lasci casa propria aperta a cagne e porche senza alcun controllo di sicurezza, lasciando la propria persona aperta a rischi di ricatto6 o, peggio, assassinio, è un irresponsabile nei confronti della propria nazione. L'irrilevanza internazionale dell'Italia diventa così la sua fortuna, perché se qualche nazione (o, per dire, una mafia o una camorra qualsiasi) l'avesse voluto far fuori per la sua scomodità, non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad infiltrare una bella gnocca assassina nell'entourage delle sue feste. Ma questi sono aspetti che pertengono alla sfera politica, non a quella della morale privata.
Ma entrando più specificamente nel merito della questione morale, il punto chiave per la morale privata dei politici è la sua aderenza a quella che essi stessi pretendono di imporre alla nazione. Il nodo cardine non è la divergenza tra la morale di chi critica e quella di chi fa, ma tra quella dichiarata da chi fa e quella secondo cui lo stesso agisce. Vuoi combattere la prostituzione? Mi sta bene: ma non puoi farlo se è la tua principale fonte d'intrattenimento senza essere tacciato di ipocrisia. Vuoi batterti per la meritocrazia? Ottimo: ma non puoi farlo mentre regali carriere (in politica, nello spettacolo, nell'imprenditoria) a gente che come unico merito ha quello di averti tenuto compagnia per una o più notti, senza essere tacciato di ipocrisia.
Una conclusione
Nonostante il battage da mania persecutoria con cui Berlusconi addita magistrati e giornali supposti comunisti come responsabili dei suoi problemi giudiziari e politici, è molto interessante notare come, di fatto, sia stato egli stesso il fautore del proprio infagamento. (Anche) per questo non concordo con chi ha voluto tracciare un parallelo tra la carriera criminale di Al Capone terminata con una banale condanna per evasione fiscale, e la carriera politica di Berlusconi, disastrosa per l'Italia e (nelle speranze di chi fa il paragone) terminabile con il “caso Ruby”. La prima, infatti, sopraggiunse per un minuzioso (e sanguinoso) lavorìo di indagine, laddove Berlusconi si è praticamente fatto cogliere (diciamo metaforicamente) con le braghe calate.
Un po' di storia
A Berlusconi piacciono le giovani e belle ragazze. La cosa mi sembra indiscutibile: lo dice lui stesso, lo sostengono i suoi sostenitori (preferendolo anche per questa sua viril virtù ai culattoni stile Vendola), e lo sostengono (comprovatamente) i suoi avversari. È anche naturale che uno a cui piacciano le giovani e belle ragazze se ne circondi quando può, come può.
Con Berlusconi, la gratitudine per la piacevole compagnia si manifesta in varie forme, alcune delle quali (come la candidatura alle elezioni europee) non è piaciuta nemmeno alla sua (seconda) moglie, Veronica Lario, che dopo avergli suggerito pubblicamente di darsi una calmata, ha proceduto avviando una causa di divorzio prendendo spunto dalla visita offerta da Berlusconi alla festa dei 18 anni dell'angelica Noemi Letizia dopo che lo stesso aveva mancato di presenziare le analoghe feste dei propri figli con la Lario stessa.
Fin qui si tratterebbero di semplici beghe di famiglia (modulo la candidatura alle europee di giovani pulzelle la cui unica referenza sembrava essere la bella presenza). Dove Berlusconi ha toppato è stata nella costruzione di fragili castelli di menzogne e bugie intorno alla sua conoscenza della ragazza in questione (Noemi Letizia). Menzogne dalla cui creazione deriva spontanea la domanda: perché mentire? Cosa aveva di tanto scomodo la verità da essere più pericolosa dal farsi scoprire a mentire?
Il secondo passo dirama da una questione che non solo non riguardava Berlusconi, ma che anzi era incentrata più sulla sua opposizione, nascendo da un'indagine su intrecci tra imprenditoria, politica (di sinistra) e mafia nella sanità barese. Da quell'indagine, che continua per la sua strada, viene fuori (stralciato) anche un giro di prostituzione in cui Berlusconi risulta essere ‘utente finale’ (questione morale), ma per il pagamento dell'usufrutto del quale si profinalo reati di corruzzione e concussione: tu mi dài la gnocca, io ti faccio avere permessi, agevolazioni, etc. Ma non sono solo i ‘fornitori’ di gnocca a ricevere benefici vari: il giro è anche un modo per le donne stesse di avvicinare il soggetto per chiedere favori personali.
Il terzo tempo è quello di Kareem Abdul-Jabbar Karima
el Marug, che viene arrestata per un tentativo di furto. E nuovamente, è
Berlusconi a creare un caso che altrimenti non esisterebbe, mentendo
sull'identità della minorenne ed abusando della propria posizione per
scavalcare la decisione del giudice tutelare della stessa. È proprio
questo suo goffo tentativo di difesa che fa scattare la frana che adesso
lo travolge: dalla concussione scaturisce un'indagine che scoperchia
aspetti del già notato giro di prostituzione che hanno anche, grazie
alla legge contro la prostituzione minorile varata dal suo stesso
governo, risvolti criminali.
Circondato da adulazione e servilismo, abituato ad usare con successo il proprio denaro ed il proprio potere per corrompere e spianare, Berlusconi non ha mai sviluppato alcuna finezza nel nascondere e proteggere i propri vizi (che ad occhio e croce direi essere lussuria, superbia ed avidità).
Interrogativi
Ad esempio: perché un ultrasettantenne ricco possidente (nel proprio Paese come all'estero) sceglie di governare un Paese conducendolo allo sfascio totale piuttosto che di godersi un meritato riposo disteso sui propri sfarzosi cuscini?
Oppure: fino a che punto Berlusconi crede all'immagine di sé che gli piace cercare di proiettare in pubblico, del magnate fattosi con le proprie mani, dal cuore d'oro ed amato dalla gente, ma perseguitato dai comunisti?
Se anche potessimo chiederlo a lui direttamente, non so quanto affidabili possano essere le sue risposte: dopo tutto, lui sostiene di essere entrato in politica per difendere l'Itali ai comunisti, e se fosse vero direi che l'unico modo in cui ci sta riuscendo è stato di demolirla e renderla quindi totalmente inappetibile a qualunque concorrente.
Il sospetto che vado maturando è che la sua entrata in politica possa essere stata motivata non solo dall'esigenza di proteggersi dalle imminenti condanne per evasione fiscale e corruzione, nonché dall'approssimarsi della bancarotta, e di sfuggire quindi dalla altrimenti limitata scelta tra il carcere e l'espatrio
Mi ha sorpreso infatti una delle sue recenti dichiarazioni con cui ha cercato di non-difendersi attaccando i soliti magistrati comunisti, presentando l'idea che il loro scopo fosse quello di raggiungere il Quirinale. Perché proprio il Quirinale? Poi uno guarda all'ammirazione che Berlusconi non nasconde di provare per leader come Qaḍḍafi o Putin (ammirazione che trascende i meri interessi economici7) e viene il sospetto che Berlusconi abbia interesse a trasformare l'Italia nel proprio feudo personale: gli mancano solo una riforma per il presidenzialismo, facendo coincidere così finalmente il capo di Stato con il capo del governo (ricorda qualcosa?) e la propria candidatura.
Così lontano, così vicino …
I difensori
Sociologicamente parlando, il fenomeno più interessante del caso Berlusconi sono i suoi sostenitori. Non parliamo qui di coloro che hanno un interesse diretto nella sopravvivenza del potere del soggetto, ovvero dei suoi vari collaboratori e dipendenti, ma del grande popolo che lo ama, lo stima, gli crede (grande popolo che, se i risultati delle elezioni sono un indice di qualcosa, non raggiunge nemmeno un quarto della popolazione nazionale con diritto di voto, ma comunque un numero ragguardevole).
Come già accennato, i sostenitori di Berlusconi si dividono sostanzialmente in due macrocategorie, non perfettamente distinte, che potremmo definire ‘creduloni’ e ‘sagaci’.
Il sostenitore sagace è quello ben conscio del fatto che Berlusconi sia sostanzialmente un truffatore che va avanti a suon di corruzioni, abusi di potere e raccomandazioni date e ricevute, ma che non vedono in ciò nulla di male, ed anzi lo ammirano per essere riuscito.
È quello che, se gli chiedesse se è vero che sua figlia è la fidanzata di Berlusconi, risponde «Magari!», conscio di quanta strada potrebbe fare non solo la figlia, ma tutta la famiglia con lei, contando sull'appoggio del potentato.
È quello che ascrive ad invidia il disprezzo di chi Berlusconi non lo venera, non riuscendosi a capacitare del fatto che si possa essere disgustati dalla disonestà e dalla sciatteria dell'individuo e di tutto ciò che lo circonda, piuttosto che desiderare di emularlo.
È quello che crede di beneficiare dall'“effetto Berlusconi”, senza rendersi conto di quanto il disastro culturale, politico (nazionale ed internazionale), sociale, morale e giuridico in cui è stata affossata l'Italia sia dannoso per lui come per tutti.
Il sostenitore credulone, per contro, è quello che subisce le campagne disinformative su cui Berlusconi ha costruito la propria immagine. È quello che crede alle città più sicure perché in televisione si smette di parlare di problemi di sicurezza quando c'è lui al governo, è quello che crede alla teoria del complotto giudiziario perché non ne conosce la storia e non comprende la differenza tra prescrizione ed assoluzione, è quello che nel peggiore dei casi dice che Berlusconi non è cattivo, anzi è talmente buono e si fida tanto che la gente cattiva se ne approfitta e lui ci va di mezzo.
La fede di questi ultimi è incrollabile, e ricorda il caso (di cui parlarono ad esempio Le Iene) del prete documentatamente stupratore difeso dal paese perché «è un sant'uomo! voi non potete capire!»
I due profili non sono ovviamente distinti: un sagace ad esempio può comunque credere al Berlusconi liberale che ci protegge dai comunisti, anche quando a conti fatti il cosiddetto centrosinistra ha avuto più iniziative da destra liberale del centrodestra.
Ma la cosa più interessante dei creduloni è che, anche ammettendo che Berlusconi sia un uomo talmente buono da lasciarsi infinocchiare da sciami di sanguisughe e sciacalli, rimane comunque qualcuno cui solo un suicida affiderebbe la guida della propria nazione.
si parla ovviamente delle intercettazioni e della loro utilità contro la criminalità organizata e la pedofilia. ↩
discorso a parte meriterebbe l'ipocrisia del definire “democratico” un impianto che distrugge due dei pilatri fondamentali di una democrazia sana (informazione e separazione dei poteri) con il controllo dei mezzi di comunicazione e la sottomissione del potere giudiziario a quello esecutivo. ↩
Chiesa sull'ipocrisia della quale si potrebbero spendere infinità di parole, partendo ad esempio dalla ‘sorpresa’ del Papa Benedetto XVI alla scoperta della diffusione del fenomeno della pedofilia tra i ranghi dei preti, fenomeno che egli stesso, quando ancora semplicemente Ratzinger, contribuì pesantemente ad insabbiare piuttosto che risolvere. ↩
ricorda un po' la questione del nazismo e dei campi di sterminio: sono peggio quelli che “l'Olocausto non è mai accaduto, è un'invenzione degli Alleati per discreditare l'Asse”, o quelli che “peccato che i nazisti non siano riusciti a finire l'opera di pulizia?” ↩
la situazione si complica quando esistono che proibiscono certi tipi di relazioni tra adulti consenzienti; è il caso ad esempio del sesso anale proibito per legge in alcuni degli Stati Uniti. ↩
come è successo per esempio con Marrazzo, caduto in una trappola ricattatoria costruita sul suo vizio di andare a transessuali. ↩
tipo gli investimenti di Berlusconi nel gas, accompagnati da ‘vantaggiosi’ trattati con cui l'ENI compra a prezzo bloccato in un momento in cui il prezzo del gas crolla vertiginosamente. ↩