Alla fine ho detto basta. E no, non è stata una decisione impulsiva, uno scatto d'ira, rabbia repressa, la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. È stata una decisione maturata negli anni, con pazienza e mteodiche riflessioni.

Supponete di trovarvi a giocare in un grande gioco che coinvolge una gran quantità di persone. Il gioco ha delle regole ben precise, e degli arbitri il cui compito è sorvegliare lo svolgimento del gioco ed eventualmente punire le violazioni.

Durante il gioco, vi accorgete che ci sono delle evidenti anomalie; non tutti i giocatori, infatti, rispettano le regole; sotto i vostri occhi accadono delle violazioni plateali, talmente plateali che è impossibilie che siano sfuggite agli arbitri; eppure, queste violazioni non vengono punite, o le penalità inflitte sono minime; allo stesso tempo, giocatori che non hanno commesso alcuna violazione, o violazioni minime, vengono penalizzati insensatamente.

E ti accorgi di non essere l'unico ad essere scontento di questa situazione: molti altri giocatori stanno lì a discutere animatamente; ma c'è qualcosa di strano, nei loro discorsi, sono tutti focalizzati su una cosa, una cosa sola: cambiare le regole.

Sì, è vero, ci sono delle regole strane, alcune persino ingiuste, ma è davvero questo il problema principale? Se anche le regole fossero giuste, perfette, davvero il gioco riprenderebbe a funzionare?

No, il problema non sono le regole. Il problema sono i bari, gli imbroglioni, coloro per cui il gusto del primeggiare è talmente forte da portarli a violare ogni regola che riescono a violare facendola franca, per ottenere un vantaggio, per quanto disonesto, sugli altri.

E peggio di loro il problema sono gli arbitri, i controllori che chiudono un occhio, che si voltano dall'altra parte, che fingono di non vedere, che si lasciano corrompere, che con pesi e misure diverse applicano lì penalità imprevedibilmente lievi, lì altre immotivatamente severe.

È questo, ben più che ogni altra cosa, a rendere il gioco ingiocabile, penalizzando chi segue le regole —per correttezza, per onestà, o anche solo per paura della penalità— e favorendo chi le viola riuscendo a farla franca.

Ed è per questo, anzi a questo, che ho detto basta.

Perché la soluzione non è cambiare le regole; la soluzione è punire quelli che non stanno alle regole; e se i preposti a questo compito non fanno il loro dovere, devono essere i giocatori stessi a farsene carico, ed allontanare non solo i giocatori che violano impunemente le regole, ma anche gli arbitri che hanno manifestamente ignorato queste violazioni.

E se per allontanare arbitri corrotti e giocatori imbroglioni occorre violare le regole, bene, io non starò più alle regole. Non giocherò più, finché il campo non sarà ripulito. Perché piuttosto che continuare a giocare un gioco reso miserabile dai violatori impuniti preferisco interrompere il gioco, espellerli definitivamente e poi riprendere a giocare.

Se in una partita di calcio un giocatore prendesse la palla in mano e cominciasse a correre in giro per il campo, tirando calci e gomitate agli avversari che gli venissero troppo vicini, senza che l'arbitro fermasse il gioco per espellerlo, salvo poi espellere chi, placcando il giocatore in violazione delle regole, prendesse possesso della palla, vi sarebbe una rivolta.

Ma per qualche motivo, in una società i cui pilastri avrebbero dovuto essere onestà, rispetto, dialogo e vivere civile, e dove invece dilagano truffa, violenza, segreti e abusi, ‘fottere il sistema’ viene visto come un segno di furbizia, piuttosto che essere condannato per quello che è: un abuso, non meno degli abusi che costringono certuni a ‘fottere il sistema’ solo per tirare avanti.

Ed è per questo, anzi a questo, che ho detto basta.

Ai politici che hanno dimenticato che il loro scopo è rappresentare gli interessi e le idee dei cittadini che li hanno eletti, e che abusano della capacità di cambiare le regole che gli è stata concessa a tal fine, trasformandola in un giocattolo personale per farsi e disfarsi le regole, per continuare a gestirsi il potere che gli è stato temporaneamente concesso e per evitare di essere puniti per le regole che hanno violato: truffatori, corrotti e corruttori.

Ai membri delle forze dell'ordine che hanno dimenticato che la loro funzione è quella di proteggere i cittadini, e che abusano della capacità di esercitare violenza che a tal fine gli è stata concessa, diventando loro per primi criminali da cui è necessario difendersi: estorsori, torturatori, assassini.

A tutti coloro che credono di poter agire in barba alle regole, perché possono farla franca nascondendosi dietro il muro dei proprî pari, o cambiando le regole stesse, per poter continuare a tartassare quelli che invece le regole le seguono.

A questo ho detto basta. Alla cultura della truffa, della malafede, dell'imbroglio che ha distrutto ogni possibilità di giocare serenamente.

Ho detto basta al chinare il capo, al tapparsi il naso, all'andare avanti come se nulla fosse. Ho detto basta al pacifismo, alla non violenza, alla tolleranza. Ho detto basta a tutto quello in cui avevo creduto fino ad allora, ho negato il me stesso di prima, mi sono sospeso dal gioco, ed ho cominciato a ripulire il tabellone.

Per carità, non fatevi venire in mente fumetti e telefilm americani. niente vendicatori, perché chi è direttamente coinvolto non può giudicare con mente lucida; niente cavalieri solitari contro la criminalità organizzata, perché essa è solo frutto del disagio che deriva dall'egoismo e dalla connivenza dei potenti.

E fatemi il favore di non accostarmi a quei coglioni della seconda metà del secolo scorso che per giocare a fare i rivoluzionari di sinistra facevano il gioco dei potenti. No, niente bombe indiscriminate, niente ACAB, niente sequestri di ‘gente non abbastanza dalla mia parte’.

Serial killer, mi hanno chiamato, come se le mie azioni fossero sconsiderati atti di uno psicopatico, senza altro scopo che la soddisfazione di un sadico istinto alla violenza. No, il termine che avrebbero dovuto usare, semmai, è terrorista.

Ma questo lo sapete, immagino, perché avete la lista dettagliata e completa di quelli che vi ostinate ingenuamente a chiamare mie vittime. E di ciascuno di loro sapete, giacché ho lasciato chiare e dettagliate informazioni in proposito, i come e i perché dei miei “insani gesti”.

Quello che forse non sapete è che voi non siete gli unici a saperlo. Che nonostante l'oppressivo silenzio stampa che è stato tenuto sulle motivazioni del “serial cop killer”, le vere informazioni sono emerse comunque: nonostante gli sforzi della vostra polizia postale e della vostra censura giudiziaria, copie dei documenti che ho lasciato trovare con le mie ‘vittime’ sono sempre stati reperibili in rete, così come i meccanismi crittografici e steganografici per autenticare le copie degli originali dai falsi che sono emersi con sorprendente rapidità dopo la terza ‘vittima’.

E chi sono dunque queste vittime? Voi li chiamate membri delle forze dell'ordine, io li chiamo massacratori, torturatori, sadici, violenti.

Sono uomini che, in branco, hanno massacrato di botte e lasciato morire ragazzi trovati per strada; uomini che pur essendo stati trovati colpevoli non hanno mai dovuto scontare la pena per le proprie azioni, e che hanno persino avuto l'arroganza di insultare e minacciare i parenti delle proprie vittima.

Sono uomini che hanno torturato, per il semplice sadico gusto dell'abusare del proprio potere su una persona, manifestati arrestati dopo azioni di distruzione effettuata da provocatori ‘miracolosamente’ sfuggiti agli arresti.

Sono firmatari di lettere di appoggio agli abusi e alle violenze dei loro colleghi.

Sono uomini che hanno violato le regole, ed il cui violare le regole è ancora più grave, perché commesso da uomini preposti al farle rispettare. E sono uomini che hanno protetto questi uomini, come moneta di scambio per una reciproca protezione: io ti appoggio nonostante tu non meriti di portare la divisa e dovresti marcire in carcere, tu non parli della mia corruzione, della mia metodica astensione dal lavoro.

No, non è così che funziona. Lo scopo del sindacato non dovrebbe essere proteggere il marcio, ma contribuire ad espellerlo, ad evitare la sua diffusione.

Ed ora scrivo queste parole perché mi rendo conto che il lavoro da fare è immenso.

Dovrei continuare su questa strada fino ad infrangere il muro dietro cui i poliziotti si proteggono a vicenda, finché i Serpico delle forze dell'ordine non saranno in numero sufficiente da avere il coraggio di denunciare ed espellere i violenti, i corrotti.

E questo sarà solo il primo passo, perché dietro il marcio delle forze dell'ordine c'è il marcio di chi li comanda, ci sono i mandanti delle peggiori efferatezze di cui si possano macchiare le forze dell'ordine in un paese che abbia la pretesa di chiamarsi civile.

E poi ci sono i giudici che non hanno avuto il coraggio di punire adeguatamente, pur riconoscendone la colpa, questi uomini; e quelli che per contro hanno esercitato vendicativa ferocia per infliggere ‘esemplari’ punizioni alle vittime degli abusi di questi stessi.