La Strega
La Strega/1
Dice che la donna che vive qui sia una strega. È così che la chiamano, ‘la strega’, anche se nessuno l'ha mai vista fare un incantesimo, un maleficio, una mavarìa. Dice che non parla mai con nessuno, e nessuno parla con lei. E quando esce per strada, sempre completamente nuda, in qualunque stagione e con qualunque tempo, con quei suoi lunghi capelli neri, tenuti lisci ed in ordine con l'olio, a coprirle la schiena, nessuno la affronta; anzi, la evitano, cercano sempre di non intralciarle il passo, evitano persino di guardarla.
Dice che quando era arrivata in paese la prima volta, dalla strada maestra, era stata una sorpresa. I bambini erano corsi in paese gridando che c'era una donna nuda che camminava per strada, e tutti si erano affacciati a guardare, e lei aveva attraversato il paese così, con i capelli scarmigliati, sporca e graffiata, sotto lo sguardo attonito di tutti. Si era fermata all'altro estremo, davanti ad una casettina abbandonata. E da allora non se n'era più andata. Dice che questo era successo tanti anni fa, ma nessuno si ricorda veramente quando, c'è chi dice quaranta, c'è chi dice sessanta, c'è chi dice cento. Ma la verità è che io la strega l'ho vista e secondo me non ha nemmeno trent'anni. Però io del paese sono nuovo e non posso sapere quando sono successe queste cose.
Dice che passato il primo sbigottimento la gente cominciò a chiedersi chi fosse e cosa ci facesse. Le donne soprattutto non erano contente di questa nuova arrivata che andava in giro sempre nuda, una cosa indecente e offensiva, un brutto esempio per i bambini e una tentazione per gli uomini. E anche se lei non disturbava nessuno, e l'unica cosa che fece i primi tempi fu mettere a posto la casetta, la gente la guardava con sospetto. Dice che anche allora non parlava mai con nessuno. Ogni tanto capitava che qualcuno provasse a dirle qualcosa, ma lei li guardava dritto negli occhi, con uno sguardo chi dice assente chi dice di disprezzo, e non rispondeva e tornava ai fatti suoi.
Dice che i bambini stavano sempre a spiarla, e anche gli uomini capitava che si fermassero a guardarla lavorare, ma sempre poco, per non dare nell'occhio. E la cosa piaceva in segreto agli uomini e ai bambini, ma non piaceva alle donne e anche gli uomini facevano la faccia di quelli insospettiti da questo comportamento. Perché non si capiva come vivesse, come si procurasse da mangiare, come non soffrisse il freddo sempre più intenso mentre la stagione cambiava. Forse fu per questo che si cominciò a chiamarla ‘la strega’ e non ‘la pazza’. Dice che ipnotizzava le persone e si faceva portare da mangiare da gente che poi non se lo ricordavano, cose così, ma era solo una diceria perché non mancava mai niente a nessuno. Dice che gli uomini andavano da lei in segreto, ma anche questa è una diceria, non si fermavano nemmeno per aiutarla.
Dice che lei finì di rimettersi a posto la casa subito prima che arrivasse il brutto tempo, le bufere e la neve. Dice anche che quell'inverno fu l'inverno più grave che avesse mai colpito il paese, con le bufere più violente, la neve più alta ed il freddo più gelido. Dice anche che la sua casetta appena restaurata, rimessa in sesto non si sa bene come, fu la meno colpita. Forse anche per questo si pensava che fosse una strega, che avesse chiamato lei il cattivo tempo e che lei ne fosse immune, talmente immune che poteva camminare tranquillamente con la neve alta al ginocchio, nuda, senza che gli arti le diventassero blu per il freddo. Dice che addirittura la neve le si scioglieva davanti, come se un fuoco le bruciasse dentro.
Dice che fu l'inverno più lungo che il paese avesse mai visto, e che sembrava non finire mai, che anche quando ormai non nevicava più e le bufere portavano solo acqua e le strade erano fango che ghiacciava, era sempre inverno; ed alla fine il paese stremato decise che l'avrebbero cacciata via, la strega. E allora si riunirono in massa, con i forconi e le torce, uomini e donne, ed andarono alla casetta, inferociti, urlanti. Dice che si fermarono davanti alla staccionata, gridandole di venire fuori, strega. Dice che lei uscì sulla soglia, davanti alle torce e ai forconi, e li guardò con quel suo sguardo torvo, minaccioso, penetrante, che le avrebbero sempre visto in volto da allora, e che tutti si zittirono di botto, e lei avanzò fino alla staccionata con la folla che si protendeva indietro per paura ma con la volontà di non retrocedere. Dice che lei strappò la torcia di mano a uno che le stava davanti, e che la spense con le mani, come si fa con due dita sulla candela quando non si vuole che faccia fumo. E che sempre a mani nude spezzò quel troncone di torcia che aveva in mano, lasciandolo cadere di là dalla staccionata.
Dice che quando subito dopo la donna gridò “Via!” tagliando l'aria con le braccia tese, scapparono via tutti, anche se erano in tanti e lei una sola. Dice che nessuno si ricorda quella voce, ma solo come rimbombò nell'aria tagliente di quella notte, alle loro orecchie, nella loro testa. Dice che quella notte finì l'inverno, e che da allora la gente, anche se ne ha paura, ha rinunciato all'idea di cacciarla, e si limitano ad evitarla quanto gli è possibile.
Dice anche che una volta hanno provato a violentarla: erano in cinque, e una sera l'hanno beccata fuori di casa e le sono saltati addosso. Dice che lei è riuscita ad acchiapparne uno, che chiamavano ‘il toro’, per il collo, e che gliel'ha spezzato a mani nude, e che subito dopo ne ha afferrato un altro, e che nel frattempo gli altri sono scappati. Dice che di quei due, il toro e l'altro, non si è più trovato niente, né i corpi né i resti. Dice che se li è mangiati.
La strega io l'ho vista con i miei occhi, e secondo me ha vent'anni, forse trenta, ma dice che è sempre stata così, che non è invecchiata. L'ho vista camminare nuda per strada, nella neve come sotto il sole; ed ho visto lo spazio vuoto sempre attorno a lei, e gli sguardi di timore di tutti, e la curiosità dei più giovani. L'ho vista raccogliere gli scarti del fabbro, e quelli del vetraio, e quelli del falegname, ed è come un'offerta che il paese fa alla strega perché non porti di nuovo su di loro stagioni crudeli come il primo inverno, ma un'offerta sotto tono perché tale non sembri. Ho visto con i miei occhi la paura della gente, e ho visto lo stupore dei miei, e li ho sentiti parlarne a voce bassissima e timorosa i primi giorni, quando un anno fa ci siamo trasferiti qui.
Io ho quindici anni, e i bulli della scuola questa sera hanno deciso di mettere alla prova il mio coraggio costringendomi a venire a bussare a questa porta.
La Strega/2
Della strega io non avevo paura; al più, un certo disagio riflesso, ispirato dalla paura degli altri, dalla distanza da loro mantenuta. E non lo dico certo per vantarmi, la boria non mi si addice e non sono nemmeno particolarmente coraggioso; non credo tra l'altro che la mia istintiva reazione di stupore e curiosità nei confronti della strega sia mai stata molto diversa da quella che ebbero gli abitanti del villaggio al suo arrivo. Però ecco, non la potevo certo chiamare paura. Finora.
Trovarmi qui ora, però, con l'oscurità intorno, la porta davanti a me con chissà cosa dietro, ed i compagni che mi hanno portato qui nascosti da qualche parte a spiarmi dall'altra parte della strada, non mi fa sentire tranquillo, ed è molto più di un semplice disagio riflesso quello che sento ora, perché ho il cuore che mi batte forte che penso lo si possa sentire anche fuori e sto sudando freddo e vorrei essere da un'altra parte e non certo qui davanti a bussare e scappare via come mi hanno sfidato a fare.
Non è bello dover scegliere tra l'essere preso in giro e picchiato per tutti i futuri giorni, o venir mangiato dalla strega ed evitare così che i futuri giorni ci siano. Perché diciamolo, io a tutte le storie del cannibalismo non ci avevo mai creduto. Finora, però. Perché ora questa porta sembra quasi che anch'essa mi sfidi a bussarci contro, a mostrare di avere il coraggio di mettere a repentaglio la mia vita disturbando questa crudele e minacciosa strega che chissà cosa farà delle mie povere carni. Tanto varrebbe presentarmi con un mazzo di rosmarino e una mela in bocca e risparmiarle di doversi andare a cercare i condimenti.
Sto delirando. Devo fare una cosa semplicissima, bussare e correre via, la strega non farà nemmeno in tempo a vedermi. Parole che non riescono a convincere il mio braccio tremante che si alza per dare un rapido doppio colpetto, le gambe già pronte a tirarmi via di là. Mi immagino la porta che si apre di colpo prima che io possa colpirla una sola volta, un demone inferocito comparirmi davanti, mi immagino incespicare e crollare di schiena mentre questo mostro con una testa di Medusa mi si avventa contro, pronto a divorarmi.
Sono ancora qui, mi guardo dietro ed i miei accompagnatori sono lì, li vedo che si affacciano dalla siepe dall'altra parte della strada, che mi fanno il gesto di bussare; secondo me hanno più paura di me, hanno paura di doversi pentire di questa bravata, e però sono io qui davanti che deve bussare a questa porta. E quindi lo faccio. Deglutisco a vuoto, e do due colpi, rapidi ma nettamente udibili, sembrano rimbombare dappertutto, ed io rimango paralizzato dal rumore che ho fatto; le mie gambe si rifiutano di portarmi via di là.
E la porta si apre, e la figura della strega ne riempie il vano, sagoma nera contro rossastri riflessi luminosi sullo sfondo, ed io non riesco a muovermi, paralizzato come sono dalla paura. Siamo a pochi centimentri, ed io sento distintamente il suo odore pungente, e mi sento investito da un'ondata di calore, e non capisco se è dalla stanza dietro di lei che proviene, o se invece è vero quello che dice la gente, che è lei ad emanare un calore così intenso. Anche perché non capisco niente in questo momento, salvo che le mie gambe finalmente si sciolgono, ma si sciolgono troppo e non riesco a correre, solo ad indietreggiare barcollando.
Finché il mio piede non trova il vuoto dove finisce lo scalino antistante l'uscio, facendomi crollare sul viottolo, riverso sulla schiena mentre la strega avanza verso di me, ed io scalcio per rimettermi in piedi e correre via, ed appena mi sono alzato lei è lì accanto a me e mi afferra, e mi guarda fisso con quello sguardo che non ha nulla di torvo e minaccioso, ma è invece acceso da cupidigia e bramosia, e la cosa mi mette ancora più paura. E se non riesco più ad opporre resistenza, e mi lascio trascinare fin dentro casa, ho un unico martellante pensiero in testa: “non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire così”.