Portare il cavallo al fiume
Quando meno di due anni fa mio padre comprò il computer nuovo e decise di sostituire il preinstallato Windows Vista con un ormai obsoleto Windows XP su cui continuare ad usare i vecchi programmi (per Windows) a lui indispensabili nonché familiari, espressi il suggerimento di approfittare della tabula rasa per iniziare la migrazione verso Linux: migrazione da me ormai effettuata da parecchi anni e che ero riuscito a far compiere a vari membri della famiglia (tra sorelle, consorti e genitrici).
L'idea era quella di usare Linux come sistema operativo principale, appoggiandosi eventualmente ad un Windows installato in una macchina virtuale gestita comunque da Linux per quei programmi per cui fosse indispensabile l'utilizzo non solo dello specifico programma (ad esempio per mancanza di un equivalente per Linux che avesse pari funzionalità nell'uso che ne fa mio padre), ma anche dello specifico programma sotto Windows (e non ad esempio nell'ambiente di compatibilità WINE sfruttabile con successo per una vasta gamma di programmi di cui non esiste una versione Linux).
Benché concettualmente non fosse opposto all'idea, il genitore decise comunque di continuare sul proprio proposito di usare Windows XP come sistema principale, decidendo però di lasciare una larga fetta del disco fisso non utilizzata, per metterci poi Linux “in futuro”. Sperando di poter far durare la propria installazione di Windows più a lungo, prese i soliti provvedimenti (sistema operativo sempre aggiornato, antivirus a tenergli compagnia) con in più il buono proposito di installare solo i programmi indispensabili per evitare l'appesantimento del sistema classicamente riscontrato con la continua installazione/disinstallazione di programmi: un proposito favorito dalla crescente diffusione delle applicazioni portatili
Ma come ben si sa, la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni: l'installazione di mio padre ha sofferto, nel corso della sua tutto sommato breve vita, di un numero non indifferente di problemi, legati a calante qualità dell'antivirus nonché ad un eccesso di fiducia nei confronti della applicazioni portatili di cui sopra.
I risultati sono stati un susseguirsi di rallentamenti, instabilità, problemi di rete ed altri malfunzionamenti, in occasione dei quali mio padre veniva a chiedermi consiglio ed aiuto.
E sinceramente, di tutto questo io mi sono stancato sempre più, e le mie risposte si sono progressivamente avvicinate ad un immancabile «hai voluto la bici? adesso pedala». Dopo tutto, la principale scusa per non usare Linux era la presunta necessità di dovermi venire a chiedere aiuto per la non familiarità del nuovo sistema, cosa che avrei comunque preferito di gran lunga alle richieste di assistenza per i problemi di Windows.
Se preferite Windows perché è così facile da usare da non richiedere aiuto, allora non chiedetene. O accettate di sentirvi rispondere a male parole.
A conclusione del tutto, l'installazione di Windows di mio padre ha finalmente dato forfait qualche giorno fa. Definitivamente ed irrecuperabilmente. E finalmente mio padre s'è convinto. Ho speso qualche giorno per aiutarlo a configurare Linux, la macchina virtuale con Windows dentro ed opportune interfacce tra le due.
Ed ora vediamo se mio padre avrà la pazienza di imparare gli equivalenti in Linux dei programmi che era solito usare in Windows, limitando l'uso della macchina virtuale a ciò che non può girare altrove, senza fare troppo affidamento sulla copia di riserva della macchina virtuale Windows pronta a prendere il posto di quella in uso nel caso desse problemi.